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Notre Dame de Paris: Un'analisi del significato e delle tematiche

Notre-Dame de Paris è uno di quei romanzi di cui quasi tutti conoscono il titolo, ma che pochi hanno davvero letto. Controllate nella vostra libreria, potrebbe esserci in una qualche edizione economica, un Oscar Mondadori o un Bur Rizzoli. Se siete anche voi tra quelli che non l’hanno mai letto, vi svelo un piccolo segreto: la storia è la stessa del film Disney Il gobbo di Notre-Dame, e quello - soprattutto se avete figli - lo avete certamente visto. C’è una sola differenza: alla fine del romanzo muoiono praticamente tutti, mentre nel cartone animato c’è l’inevitabile lieto fine.

Quelli di voi che amano i vecchi film in bianco e nero, ricordano anche il bel film del 1939 con la regia di William Dieterle, in cui spicca la grande interpretazione di Charles Laughton nel ruolo di Quasimodo. Laughton è stato un grande attore inglese che ha alternato con successo, nel corso della sua lunga carriera, cinema e teatro. Il Quasimodo del film Disney - con la voce di Tom Hulce - è chiaramente un omaggio a Laughton. Esmeralda in quel film è la bellissima Maureen O’Hara, che con i suoi luminosi occhi verdi e i folti capelli rossi verrà soprannominata qualche anno dopo la “regina del Technicolor”. Certo Maureen accende il desiderio - siamo ancora nella Pre Code Hollywood - ma credo che quella del film di animazione sia molto più sensuale, certo la più “peccaminosa” delle eroine Disney.

Anche se è lungo, provate comunque a leggere il romanzo di Victor Hugo: vi farà bene. Ma il giovane Victor - perché è stato anche giovane l’arcigno signore che siamo abituati a vedere nelle copertine dei romanzi con una folta barba bianca - voleva scrivere un libro proprio su quella chiesa, che in quegli anni - il romanzo è uscito nel 1831 - stava andando in rovina. C’era stata la Rivoluzione, quello che poteva essere portato via era stato trafugato, per un lungo tempo quell’edificio era stato abbandonato. Non era detto che la cattedrale sarebbe stata ricostruita: troppo gotica per il gusto del tempo.

E a quei tempi in Francia c’era ancora il re che, a differenza di un presidente, non doveva fare campagna elettorale. E non c’erano leggi sul rispetto dei beni culturali: Haussmann qualche anno dopo potrà trasformare Parigi nella città che conosciamo e amiamo. Hugo ha scritto quel romanzo affinché i francesi - e i parigini in particolare - tornassero ad amare la loro chiesa.

Al di là delle estenuanti e dettagliate descrizioni Victor Hugo era un poeta, che era nato pochi anni dopo lo scoppio della Rivoluzione e a cui stava sempre più stretto il clima della Restaurazione. E così i “cattivi” della sua storia sono un prete, addirittura l’arcidiacono della cattedrale di Notre-Dame, un militare, il capitano degli arcieri del re, e la sua ricca fidanzata borghese - e anche il re Luigi XI non ci fa una gran figura. Se siete di quelli che difendono i valori cristiani, rimarrete delusi dal romanzo, perché i preti non sono esempi di virtù, se siete di quelli che “a casa gli stranieri”, è meglio che mettiate il libro da parte.

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Anche se comunque per voi il romanzo finisce bene: gli zingari vengono sterminati davanti a Notre-Dame dai soldati del re, Esmeralda - che oltre a essere zingara è anche donna, e quindi una puttana - viene impiccata, dopo un processo farsa. Se siete di destra, ricordate che Victor Hugo tra la Parigi del potere, della legge e della ricchezza e quella della Corte dei miracoli, si mette certamente dalla parte dei “miserabili”, di cui pure descrive in maniera cruda e spietata tutti i difetti e le colpe. Ma non dimentica mai che sono degli sfruttati.

E ci racconta che non è colpa di Esmeralda il fatto di essere una donna bellissima, libera e indipendente, è Frollo che è troppo debole per accettare che una donna zingara sia migliore di lui, e per questo la vuole o possedere o uccidere. Se siete maschilisti lasciate il libro nello scaffale. E se siete razzisti, ricordatevi che la pelle di Esmeralda non è esattamente candida.

Victor Hugo, se scrivesse oggi il suo romanzo, prenderebbe ancora la parte delle prostitute, delle donne sfruttate, dei miserabili, dei reietti della società, contro i tanti Frollo che siedono nei governi e nei consigli di amministrazione, mai così potenti come oggi.

Notre Dame: Un simbolo di fede e cultura

Notre Dame de Paris è una chiesa che ha un'architettura molto equilibrata. Soprattutto, è una chiesa che rappresenta un simbolo dell’Europa cristiana, e dell’Europa Medievale, che ha superato i secoli. Notre Dame ha cominciato ad avere un rilievo nazionale a partire dal XIX secolo, quando Napoleone scelse la cattedrale per farsi incoronare come imperatore dei Francesi. E poi, dopo Prima Guerra Mondiale e dopo la Seconda Guerra Mondiale, si sono tenute a Notre Dame diverse cerimonie per ringraziare della Liberazione di Parigi, nell’agosto 1944, e alla fine della guerra nel maggio 1945.

Il sentimento nazionale è lo stesso, ma la situazione è diversa. Nel 1944-45, molti francesi erano ancora praticanti regolari, frequentavano la Messa regolarmente. Oggi non è più lo stesso. Per molti andare Notre Dame è una scoperta, a volte spirituale, ma sopratutto culturale. Io però desidero che le persone che vengono a Notre Dame non scoprano solo un monumento nazionale, ma un luogo di preghiera cristiana, e che il percorso di visita - che abbiamo ripensato per questa riapertura - faccia conoscere a tutti qualcosa della fede cristiana.

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Chi la visiterà, potrà trovare uno spazio che appare più grande, perché è diventato di nuovo chiaro. Notre Dame sarà chiara, ritroverà i suoi colori originali, e questi colori la renderanno più larga e spaziosa. Il nuovo mobilio liturgico - l’altare, il battistero, etc. -, il percorso della visita, poi, porteranno a scoprire la fede ebraico-cristiana attraverso le storie dell’Antico e del Nuovo Testamento, si percorreranno le vite dei Santi della Chiesa di Parigi.

È importante per Notre Dame non perdere questa tradizione, iniziata dal beato Frédéric Ozanam nel 1835. Quello che conta è che nel nostro mondo di oggi, ci sono uomini e donne che testimoniano che una vita di consumi, puramente materialista, fatta di soddisfazioni passeggere, non gli basta. Un mese fa sono andata a vedere lo spettacolo “Notre Dame de Paris” a Roma. Parla di pregiudizi, stereotipi, discriminazioni.

Temi centrali dell'opera

Esmeralda è una donna libera, a suo modo ingenua. Il primo, Febo, l’integerrimo soldato che protegge lo status quo. Fidanzato con una donna “pura”, che sta “in cielo”, “miele”, ingenua. Viene “stregato” dalla sensualità di Esmeralda, donna “inferno”, “fiele”. Una suddivisione tra santa e strega che sta negli occhi di chi guarda ma che diventa apprezzamento o accusa nei confronti della donna. I sentimenti sono suoi, la passione pure. Ma Esmeralda viene incolpata di averlo stregato. La colpa è sua, dell’essere come è.

Il secondo, Frollo, il prete di Notre Dame, che comincia a provare una passione sfrenata per Esmeralda, una passione che da curato non conosceva e non può permettersi. Ma si abbandona ad essa dichiarandosi alla ragazza. Il suo rifiuto sarà la sua condanna. La responsabilità è di nuovo sua, non dell’uomo che non governa la passione. Al braccio di forca della città. L’unico ad amarla senza possesso, in modo disinteressata. Che la protegge sapendo che non potrà avere il suo amore è Quasimodo.

Se non si lavora per l’integrazione, per la valorizzazione della ricchezza data dal confronto, si rifiuta in toto, qualsiasi cambiamento, qualsiasi novità. E soprattutto si osteggia chi finora aveva accettato di vivere nell’ombra, e comincia a chiedere di avere pari dignità. Se questo non viene accettato, se si vede in questo il pericolo della contaminazione o del dover dividere una “torta” con poche fette, allora è facile che si instilli l’odio. Anche questo lo vediamo attuale ancora oggi.

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Un crimine d’odio verso chi è considerato diverso, contrario ai dettami della religione o della società eteronormata. Un crimine d’odio che ha trovato molte, troppe voci a giustificarlo se non osannarlo. Perché se chi soffre non rientra nelle mura cittadine del “noi”, non suscita lo stesso trasporto emotivo, la stessa condivisione. Rimane straniero, estraneo, altro da me e forse per questo si merita pure quanto gli succede. Si annulla l’empatia, il sentirsi esseri umani tra esseri umani.

Il musical "Notre Dame de Paris"

Da venerdì 2 dicembre torna all’Unipol Arena “Notre Dame de Paris”, il famoso musical tratto dall’omonimo romanzo di Victor Hugo. Notre Dame de Paris inizia così, sulle note di questa canzone cantata da Gringoire, il poeta che ci condurrà per le strade di Parigi narrandoci una storia secolare, incisa nella pietra. Una vicenda il cui significato è insito in una parola, “lugubre e fatale”, che Hugo stesso afferma aver rinvenuto all’interno di Notre Dame, in prossimità di una delle torri: ἀνάγκη.

Ανάγκη non è il Fato, o il Destino. È la fatalità, una serie di coincidenze, inspiegabili ed inevitabili, che sembrano avvenire per una finalità superiore sconosciuta. È la strada tortuosa ed inarrestabile che termina con la morte che sopraggiunge, ineludibile, su ciascuno di noi.

In Notre Dame de Paris, tante vite si intrecciano tra loro: quella di Gringoire, che assiste casualmente al tentato rapimento della bella Esmeralda a cui, per aver salva la pelle, si legherà in matrimonio. Quella della giovane zingara che, innamorata di messere Febo, verrà accusata di omicidio ai danni di quest’ultimo e condannata all’impiccagione da Claude Frollo, l’arcidiacono ossessionato da lei.

Come ha ribadito più volte Riccardo Cocciante è difficile inserire un’opera come questa all’interno di un particolare genere. Non musical, né operetta, né tantomeno opera classica. La decisione di evitare i dialoghi parlati, costruendo lo spettacolo partendo dalla musica e non dalle parole, ha donato a Notre Dame de Paris il potere di trasportare il pubblico indietro nel tempo. L’occhio dello spettatore si smarrisce tra le statue e i gargoyle, rapito da una melodia a tratti dolce e triste, a tratti travolgente e piena di pathos.

Il carattere “popolare” di Notre Dame de Paris, tuttavia, è espresso anche nelle numerose tematiche presenti all’interno dell’opera. L’amore declinato in tutte le sue sfumature, in relazione ai personaggi e alla loro storia. La bellezza e la bruttezza come due lati interscambiabili di una moneta falsa, in un continuo gioco di luci ed ombre, apparenza e sostanza.

L'amore in tutte le sue forme

Una delle tematiche più importanti dell’opera è sicuramente l’amore che, vera colonna portante della narrazione, viene descritto da Hugo in tutte le sue forme. All’interno del musical la contesa amorosa di Esmeralda da parte di Febo, Quasimodo e Frollo è racchiusa nella canzone Bella, prima melodia composta da Riccardo Cocciante per il musical.

L’amore di Quasimodo è puro e incondizionato. L’uomo farebbe di tutto per Esmeralda, che salva e protegge dalle grinfie di Frollo, esponendosi per lei fino alla sua morte. Alla fine della storia, lo spettatore scoprirà che l’amore del campanaro è talmente forte da resistere perfino a quest’ultima: due scheletri saranno trovati tra le carcasse. Per l’arcidiacono la donna non è altro che un essere che Satana ha mandato sulla Terra per “strappargli gli occhi via da Dio”, gettandolo in una passione sfrenata, che finirà per renderlo folle ed ossessionato. La figura della zingara affascina e confonde Febo, allontanandolo da Fiordaliso per breve tempo. Tuttavia, Esmeralda non rappresenterà per lui nient’altro che un frutto proibito, una distrazione, una notte di divertimento e di svago che terminerà in modo ben diverso da quello sperato dal capitano.

Nonostante l’amore di Quasimodo non verrà mai ricambiato dalla zingara, nel corso della vicenda i due personaggi si legheranno molto l’uno all’altra, arrivando a comprendersi profondamente. Entrambi, infatti, sono vittime di una città mentalmente chiusa e retrograda, che li considera come diversi tanto da condannarli, già in vita, ad una morte sociale fatta di esclusione e solitudine. Il mostro e la strega saranno soggetti a derisione e tortura, vittime di un pregiudizio di cui sono marchiati a causa del proprio aspetto e delle proprie origini.

Bellezza contro Bruttezza

Accanto al tema del diverso, ritroviamo anche quello di beltà e bruttezza, estremamente presente nel musical. In nessun’altra opera come in Notre Dame de Paris, infatti, questa tematica assume una simile portata: in essa è riposto uno dei tanti significati chiave della vicenda. La bruttezza orripilante di Quasimodo è spesso paragonata alla bellezza di altri personaggi (Esmeralda e Febo). Il campanaro, le cui fattezze ricordano quelle di un mostro, è odiato da tutti e vive segregato a Notre Dame.

L’unico che vi si avvicina è Frollo, che lo alleva e finge di provare affetto per lui, trattandolo, tuttavia, come uno schiavo. Nonostante ciò, Quasimodo è buono e gentile, e, proprio per questo motivo, riuscirà ad avvicinarsi ad Esmeralda che, tuttavia, non ricambierà mai il suo amore. Il cuore della giovane continuerà a battere, infatti, per Febo, il bel capitano della guardia cittadina, personaggio completamente antitetico a quello del campanaro.

Febo è un uomo dotato di grande forza e bellezza, ma la sua beltà non è altro che una facciata, uno specchietto per le allodole, di cui il capitano si serve per sedurre e conquistare le giovani donne di Parigi. Chi è, dunque, il vero mostro? Quasimodo, con le sue spaventose fattezze?

L'emarginazione degli stranieri

Nelle piazze e nelle strade di Parigi si affollano uomini e donne diversi per origine e provenienza. Sono “i clandestini”, gli stranieri, un popolo nomade e variegato, rifugiatosi nella città con la speranza di trovarvi accoglienza, quella stessa che verrà loro negata dall’arcidiacono Claude Frollo. La paura e l’atteggiamento di superiorità della borghesia e della nobiltà francese nei confronti degli “zingari”, la cieca invidia di Fiordaliso nei confronti di Esmeralda, e - più in generale - la profonda avversione dei cittadini nei confronti del diverso sono tematiche estremamente attuali, che rendono Notre Dame de Paris un’opera moderna e ci portano a riflettere sul mondo e la società in cui viviamo.

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