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Sindrome dell'Accento Straniero: Cause e Sintomi

La sindrome dell'accento straniero è una patologia rarissima che si manifesta come una disfunzione neurologica.

Cos'è la Sindrome dell'Accento Straniero?

La sindrome dell'accento straniero non ha nulla a che vedere con le inflessioni e gli accenti che si imparano dopo una lunga permanenza in un Paese diverso dal nostro d'origine. Si tratta di un raro disturbo causato da una lesione, per ictus o trauma, delle aree cerebrali che controllano ritmo e melodia del parlato.

Iniziare a parlare in modo diverso, in una lingua che non ci appartiene, ed essere difficilmente compresi. Accenti, ritmo, cadenza. Tutte inflessioni che non appartengono alla lingua madre ma che d'improvviso caratterizzano la lingua parlata. Ciò è dovuto a lesioni cerebrali di aree che ospitano le funzioni linguistiche.

Cause

Le cause di questa disfunzione neurologica sono post traumatiche a livello fisico - come ictus o trama cranico, coma ecc - oppure a livello psicologico. In particolare sia quelle che determinano la lunghezza delle vocali o l'intensità del suono, essenziali per la determinazione di un accento.

Sintomi

La Sindrome dell'accento straniero è un disturbo che può durare anche una decina di anni dopo l'evento traumatica di natura neurologica o psicologica, e fa sì che lingua e bocca, si muovano in maniera diversa rispetto al pre evento scatenante. Questo disallineamento determina una diversa intonazione, la pronuncia differente di consonanti e vocali.

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Un Caso di Studio

Si risveglia dal coma con un accento francese. Si chiama sindrome da accento straniero ed è una vicenda successa ad una donna della Tasmania. Leanne Rowe, questo il nome della donna, ha subito un trauma cranico in seguito ad un incidente stradale. La donna si è svegliata otto anni fa, ma solo adesso ha raccontato in un’intervista alla radio la sua particolare vicenda.

Se n’è accorta immediatamente, quando era ancora scossa dalle fratture riportate alla mascella e alla schiena. Lo sa bene Kate, figlia della donna australiana, che ha spiegato che la madre soffre molto per questo problema.

Impatto del COVID-19 sul Cervello e Possibili Disturbi del Linguaggio

Da quando il virus SARS-CoV-2 è stato identificato gli scienziati hanno cercato di comprendere ogni aspetto del suo comportamento e sono sempre più gli studi che confermano la capacità del patogeno di minacciare anche il sistema nervoso.

Sotto bersaglio può finire anche il cervello: uno dei sintomi più tipici di SARS-CoV-2 consiste nella perdita del gusto e dell’olfatto, fattore che ha portato al sospetto che il virus sia capace di penetrare, attraverso il bulbo olfattivo, nel sistema nervoso centrale. La ridotta ossigenazione e i disturbi della coagulazione associati a SARS-CoV-2 possono inoltre favorire la comparsa di ictus ischemici o emorragici.

Studio dell'Università di Padova

Ad aggiungere un nuovo importante tassello al filone di ricerca dedicato all’impatto di SARS-CoV-2 sul cervello è uno studio condotto dal professor Konstantinos Priftis del dipartimento di Psicologia generale dell’università di Padova, in collaborazione con le psicologhe Lorella Algeri e Simonetta Spada e con la fisiatra Stella Villella dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

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Il lavoro è appena stato pubblicato sulla rivista Neurological Sciences ed è il primo ad aver svelato la possibilità che il nuovo coronavirus si manifesti anche attraverso specifiche difficoltà cognitive come la perdita della capacità di scrittura o l’incapacità di ripetere le parole udite, un disturbo denominato afasia di conduzione.

Al momento del ricovero il paziente non presentava sintomi facilmente riconducibili a Covid-19: l'uomo prima di entrare in ospedale aveva avuto qualche giorno di febbre ma era ormai passata, non aveva complicazioni polmonari e il tampone era negativo. Dai test sierologici disposti dal protocollo il paziente è però risultato positivo agli anticorpi per SARS-CoV-2 e la risonanza magnetica ha rivelato la presenza di embolie multiple nell'emisfero cerebrale sinistro.

Il paziente quindi era arrivato in ospedale a causa di un ictus trombo-ischemico che però molto probabilmente era stato causato non dai soliti fattori di rischio, come diabete, ipertensione o elementi genetici, ma dall’azione del virus. Gli accertamenti hanno permesso di rilevare la specificità dei segni neuropsicologici provocati dalla lesione ischemica e l'assenza di difficoltà mentali generalizzate.

Il paziente aveva segni neuropsicologici specifici: aveva perso la capacità di scrivere e aveva una difficoltà, seppur più lieve, nel ripetere le parole udite, un disturbo che tecnicamente si chiama afasia di conduzione.

Il decorso è altamente positivo e l’uomo sta recuperando in modo soddisfacente. Questo ci fa capire non solo la necessità di una valutazione neuropsicologica delle difficoltà cognitive a cui possono andare incontro i pazienti Covid-19, ma anche l’estrema importanza che queste persone siano seguite in modo appropriato una volta passata la fase acuta della malattia.

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Il professor Konstantinos Priftis puntualizza che i segni neuropsicologici osservati nel paziente oggetto dello studio possono manifestarsi anche in seguito ad un evento ischemico non collegato a Covid-19.

I colleghi neurologi sottolineano che negli ictus classici è raro, sebbene non impossibile, che si presentino occlusioni parallele di diverse arterie. Il paziente aveva una serie di arterie occluse in parallelo e con tutta probabilità questi processi tromboembolici sono stati provocati dal virus SARS-CoV-2.

Per il futuro, conclude il professor Konstantinos Priftis, una delle frontiere che il sistema sanitario dovrà fronteggiare sarà quella di valutare un paziente Covid-19 anche dal punto di vista neuropsicologico alla ricerca di indizi sentinella e avviare, quando necessario, una sistematica riabilitazione cognitiva.

Afasia: Definizione, Tipologie e Sintomi

L’afasia (dal greco: ἀφασία ossia mancanza della parola) definisce in neurologia la condizione in cui si perde la capacità di comunicare, che può riguardare sia la capacità di esprimersi sia quella di comprendere il linguaggio e può coinvolgere solo il parlato, nel senso di strutturare un discorso di senso compiuto, o anche solo la capacità di scrivere.

Il disturbo può essere:

  • di tipo espressivo, cioè il paziente sa quel che vuole dire ma non sa come dirlo
  • di tipo ricettivo, cioè il paziente non comprende in tutto o in parte quel che gli si dice come se gli si parlasse in una lingua straniera

L’afasia fu descritta per la prima volta nel 1861 dal medico francese Paul Broca, che eseguì l’autopsia di un paziente che riusciva a pronunciare solo le parole “tan tan” (ed era per questo chiamato Tan) e rilevò la presenza di una lesione a carico della porzione inferiore della terza circonvoluzione frontale, che fu pertanto ritenuta implicata nella facoltà del linguaggio e fu denominata area di Broca (o area del linguaggio articolato).

Analogamente, nel 1874, il neurologo tedesco Carl Wernicke scoprì che un danno a carico di una parte del lobo temporale, alla confluenza delle aree associative temporale, parietale e occipitale, causava un tipo particolare di afasia in cui era coinvolta la comprensione del linguaggio, ossia il linguaggio parlato era scorrevole, ma il senso logico era mancante. L'area di Wernicke, o area percettiva del linguaggio è connessa all’area di Broca da un percorso neurale detto fascicolo arcuato.

Tipologie e sintomi dell'afasia

L’afasia è pertanto causata da lesioni delle aree del cervello deputate all'elaborazione del linguaggio, come si è detto l’area di Broca o l’area di Wernicke, che sono collocate nell'emisfero dominante, che è quello sinistro per i soggetti destrimani mentre nei soggetti mancini si trovano nell'emisfero destro e viene tradizionalmente classificata come afasia di Broca o di Wernicke.

L'afasia di Broca

L'afasia di Broca è un'afasia non fluente caratterizzata da “agrammatismo”, ossia mancano articoli, preposizioni e sono presenti disturbi sul piano sintattico-grammaticale e su quello fonologico come parafasie fonemiche e fonetiche; la comprensione è meno danneggiata dell’espressione verbale ed il paziente ha la consapevolezza della sua situazione e non è infrequente una sua reazione di frustrazione e depressione.

L'afasia di Wernicke

L'afasia di Wernicke è un'afasia fluente che comporta problemi sia nella comprensione del linguaggio sia nella produzione. La capacità di elaborare un discorso fluentemente è mantenuta, ma l'eloquio è parafasico e ricco di circonlocuzioni con neologismi. In questa forma di afasia il paziente non si rende conto che il suo linguaggio è incomprensibile e riesce a comprendere ordini elementari, come ad esempio di alzarsi o di chiudere gli occhi, ma non capisce domande semplici come di dire il suo nome.

L'afasia globale

L'afasia globale è una afasia non fluente costituita cioè da grave deficit della produzione, comprensione ed elaborazione di messaggi linguistici: l'eloquio risulta limitato a frammenti sillabici ricorrenti, ma la comprensione è gravemente alterata e lettura e scrittura sono praticamente assenti. In genere il paziente si rende conto delle proprie difficoltà e reagisce con espressioni di disperazione e spesso si rifiuta di comunicare.

Va infine ricordato che l'afasia può manifestarsi anche nel linguaggio scritto, sia nella scrittura (agrafia), sia nella lettura (alessia), nel calcolo (acalculia) e nel riconoscimento di segni, forme e colori.

Quali sono le cause dell'afasia?

Qualsiasi lesione che coinvolga l'emisfero dominante ed interessi le aree deputate all'elaborazione del linguaggio è in grado di causare un'afasia. Le cause più frequenti sono:

  • Ictus ischemico nel territorio dell'arteria silviana sinistra (l’afasia è grave ed immediata).
  • TIA (Attacco Ischemico Transitorio) in cui però l'afasia regredisce nel giro di qualche ora.
  • Emorragia cerebrale.
  • Tumori a carico del lobo frontale o temporale sinistro, che causano un'afasia progressiva.
  • Malattie neuro-degenerative come l’Alzheimer, la sclerosi multipla o la demenza fronto-temporale, in cui i disturbi del linguaggio rappresentano solo una parte dei sintomi.
  • Traumi cranici che causino ematomi intracranici o lacero-contusioni in particolar modo a carico del lobo temporale sinistro.
  • Processi infettivi responsabili di ascessi cerebrali o di encefalite.
  • Una crisi epilettica può produrre un’afasia fugace.
  • L’emicrania può avere un’aura caratterizzata da afasia dell’ordine di pochi minuti.

Come diagnosticare l'afasia?

La diagnosi di afasia, dopo una lesione cerebrale, è quasi sempre agevole, ma nei casi più lievi può essere evidenziata per mezzo di test specifici. Spesso, anche quando si pensa che l'afasia iniziale sia regredita, è possibile riscontrare ancora dei gravi disturbi evidenti solo nelle prove più complesse. Per un esame corretto è comunque necessario escludere la coesistenza di disturbi in grado di alterare il linguaggio, quale conseguenza di alterato funzionamento cerebrale come nei casi di demenza, o di disfunzione sensoriale (cecità, sordità) o di disturbi psichiatrici importanti.

Valutazione del linguaggio orale

  • Espressione: linguaggio spontaneo, ripetizione di parole e di frasi di lunghezza crescente, produzione di serie automatiche (giorni della settimana e dei mesi), denominazione di immagini, forme e oggetti, descrizione di un'immagine complessa, ripetizione di un racconto.
  • Comprensione (richiede che il paziente, da un punto di vista motorio, sia in grado di eseguire gli ordini impartiti): indicare oggetti e immagini, esecuzione di ordini semplici (chiudere gli occhi, aprire la bocca), esecuzione di ordini complessi (toccare con la mano destra il gomito sinistro), prova dei tre fogli (consegna precisa assegnata a ciascun foglio).

Valutazione linguaggio scritto

  • Lettura: identificazione di lettere, sillabe, parole, lettura ad alta voce, comprensione linguaggio scritto: esecuzione di ordini scritti, corrispondenza di parole scritte con immagini, di frasi scritte con azioni.
  • Scrittura: spontanea, copia, dettato. Prove elaborate definizione di parole, modi di dire e proverbi, costruzione di una frase con due o tre parole fornite al paziente, critica di racconti assurdi, interpretazione di un testo ascoltato o letto.

Come si può curare l'afasia?

La prognosi non è infausta nella maggior parte degli ictus: infatti, dopo qualche settimana l'afasia può regredire, ma in alcuni casi il linguaggio può rimanere alterato oppure talora caratterizzato da una sorta di accento straniero poiché sono violate alcune leggi fonetiche tipiche della lingua originaria.

In un terzo dei casi, il problema si risolve entro un anno; in una minoranza di casi, invece, resta per tutta la vita. L'età può essere un fattore importante nella ripresa. Da molteplici studi di epidemiologia di afasici da ictus emerge che i pazienti di età superiore ai 70 anni hanno minori possibilità di ripresa rispetto ai pazienti più giovani. Tuttavia, a qualsiasi età, il recupero di vari gradi può verificarsi anche molti anni dopo l’occorrenza della lesione cerebrale che ha causato l’afasia.

Grazie alle capacità neuro-plastiche del Sistema Nervoso Centrale, più evidenti nei bambini e nei soggetti giovani, le abilità linguistiche perdute possono, a volte, essere recuperate grazie alla funzione vicariante di aree cerebrali adiacenti o interconnesse.

La terapia dell'afasia si identifica con il trattamento della malattia che ha scatenato il problema. In una seconda fase è necessario affidarsi a un logopedista per recuperare le capacità linguistiche oppure a metodi e strumenti di comunicazione alternativi.

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