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Straniero di Seconda Generazione: Definizione e Inclusione in Italia

La scuola è una delle istituzioni più importanti della nostra società e al suo interno si svolge la cosiddetta “socializzazione secondaria” dove l’individuo “acquisisce le competenze necessarie a svolgere un ruolo sociale adulto”. All’interno delle scuole italiane il 10% degli alunni “è di origine migratoria”.

Definizione di Seconde Generazioni

Nell’affrontare il tema la premessa necessaria è che la stessa definizione di “seconda generazione” non è semplice e varia sensibilmente nella letteratura sul tema. In senso stretto, con il termine “seconda generazione” ci si riferisce a ragazze e ragazzi nati da genitori stranieri nel paese di immigrazione. Tuttavia diversi autori estendono la definizione anche a chi - pur non essendo nato nel paese di arrivo - vi è arrivato comunque prima dei 18 anni.

Un tentativo definitorio molto specifico, frequentemente citato per rendere chiaro il concetto, è quello di Rumbaut (1997) che introduce una visione decimale del fenomeno. Questa classificazione ha come scopo quello di ordinare i vari casi di fronte ai quali ci si potrebbe trovare proprio perché le migrazioni sono un fenomeno molto complesso ed eterogeneo che non segue una via identica per tutte le persone che decidono di impegnarsi in questo percorso. Non dimentichiamo anche che gli individui sono “attori sociali” e, in quanto tali, dotati ciascuno di esperienze di vita differenti. Come questo appena citato, vari sono i tentativi di ordinare i casi che si possono presentare, tutti con sfumature differenti.

Questo perché non tutti (gli studiosi) prediligono l’utilizzo di “seconde generazioni”, ne dà una motivazione Santagati (2009) affermando che “il fatto stesso che i discendenti degli immigrati vengano definiti mediante il concetto ‘equivoco’ di seconda generazione sembra indicare implicitamente che la condizione immigrata si eredita anche se i figli non sono immigrati in prima persona”. Risulta molto evidente perciò la critica all’“ereditarietà” della migrazione che si trasferisce dai genitori ai figli; a tal proposito Lagomarsino e Ravecca (2014) parlano di “etnicizzazione forzata”.

Dati Demografici e Scolastici

In Italia ci sono circa 2.825.182 persone appartenenti alla categoria delle seconde generazioni (Riniolo, 2019). Si specifica “circa” perché è molto difficile riuscire ad ottenere delle informazioni precise su questa popolazione per vari motivi: primo tra tutti la non concordanza sulla definizione dell’oggetto e quindi le caratteristiche che la popolazione censita deve avere; il secondo motivo riguarda l’effettiva rilevazione dei dati, infatti le statistiche ufficiali distinguono i cittadini per età, sesso e cittadinanza, quest’ultima ci permette di distinguere i cittadini italiani dagli stranieri.

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Più della metà (oltre il 65%) di tutti gli studenti stranieri (877.000 nell’anno scolastico 2019/2020, anno a cui si riferiscono i dati riportati) è rappresentato dalle seconde generazioni che sono l’unica componente in crescita della popolazione scolastica. Sul territorio italiano gli studenti stranieri si concentrano maggiormente nelle regioni settentrionali (il 65%), il 22% nelle regioni del centro e il 12% nel sud Italia. Sicuramente è nella scuola primaria dove si iscrive il maggior numero di alunni privi di cittadinanza italiana.

Interessante è la scelta della scuola superiore: i nati all’estero con cittadinanza straniera optano maggiormente per istituti tecnici o professionali mentre chi è nato nel nostro Paese predilige percorsi scolastici comunemente considerati “più impegnativi”. Sulla scelta degli studenti bisogna fare una piccola parentesi: essa dipende, infatti, da vari fattori tra cui individuiamo non solo le attitudini personali ma anche l’influenza familiare e del gruppo dei pari e le disuguaglianze di partenza (status socio-economico, disabilità, genere, origine etnica, ecc…) che spingono verso la preferenza di una scuola piuttosto che di un’altra. Questi fattori non si esauriscono con l’iscrizione ad un istituto superiore ma influenzano l’intero percorso scolastico e, ovviamente, anche la scelta universitaria, fondendosi con altre variabili, prima fra tutte la facilità (o rapidità, come dir si voglia) nel trovare un lavoro.

All’interno degli atenei italiani la percentuale di studenti stranieri si attesta intorno al 6%. Il 45% di questi 101.091 studenti nell’anno accademico 2020/2021 è di origine Europea e, anche qui, si registra una minore presenza di laureati stranieri nei territori del Mezzogiorno.

Esperienze Scolastiche e Sfide

Ora possiamo approfondire l’esperienza scolastica degli studenti stranieri e, in particolare, di seconda generazione all’interno degli istituti italiani. Indubbiamente per i ragazzi stranieri il rapporto con il mondo scolastico è importante perché talvolta rappresenta il primo contatto con le istituzioni della società di accoglienza e l’avvicinamento a una cultura diversa da quella della famiglia; sembra perciò evidente come la scuola debba essere pronta a rispondere ad ogni esigenza di studenti non nativi.

Innanzitutto provenire da una classe sociale meno abbiente gioca un ruolo fondamentale nel successo scolastico, a dimostrazione di ciò vediamo come, in Italia, nell’anno scolastico 2018/2019, la quota di ragazzi del secondo anno delle scuole di secondo grado che non hanno raggiunto un livello di competenza alfabetica sufficiente è stata il 46,5% tra i ragazzi appartenenti al quartile socioeconomico e culturale più basso (la media è stata del 30,4%) (Istat, 2021) e non dimentichiamo che le famiglie con almeno un componente straniero si ritrovano in una situazione di povertà in percentuale maggiore rispetto alle famiglie composte solo da italiani. Da quanto appena esposto possiamo dedurre che gli studenti di origine immigrata ottengono esiti e apprendimenti inferiori rispetto ai nativi.

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La situazione degli alunni stranieri si aggrava se prendiamo in considerazione il ritardo scolastico: circa il 12% degli stranieri di 10 anni ha un anno di ritardo, andando avanti nel percorso scolastico le percentuali salgono rapidamente fino a più che raddoppiare, è il primo biennio della scuola secondaria di secondo grado cruciale nel causare ritardo scolastico dove il 57% di studenti stranieri ha almeno un anno di ritardo (mentre per i nativi questa percentuale si attesta intorno al 19%) (MIUR, 2020). Oltretutto il 40% degli studenti stranieri viene inserito in classi inferiori di un anno rispetto alla propria età o preparazione, con “i piccoli”, il che comporta frustrazione e problemi di socializzazione influendo anche sul ritardo che peggiora con le non ammissioni alle classi successive.

Secondo le statistiche gli alunni nati in Italia che hanno dovuto ripetere una volta l’anno scolastico sono il 14,3%, quelli nati all’estero sono quasi il doppio (27,3%). In riferimento all’abbandono scolastico anche qui le percentuali sono più elevate tra gli studenti privi di cittadinanza italiana (35,4%) rispetto ai nativi (11%) (Istat, 2020).

Secondo Boudon (1974) questo deriva dagli effetti del background migratorio che l’autore distingue in primari e secondari. I primari riguardano la padronanza della lingua, infatti, l’essere nato/a in Italia o l’essere arrivato/a in età prescolare riducono fortemente le difficoltà linguistiche che si potrebbero incontrare durante il percorso scolastico. Più tardi si arriva e maggiore è la possibilità che si venga inseriti in classi inferiori e che si incontrino difficoltà nell’imparare la lingua corrente. Altri fattori che incidono sulle seconde generazioni e sul loro percorso sono quelle che vengono definite più genericamente come differenze culturali, poiché gli studenti stranieri potrebbero non essere esposti alla cultura prevalente tanto quanto i nativi, incontrando così delle difficoltà nell’interagire con gli insegnanti e soddisfare le loro aspettative (Heat & Brinbaum, 2007).

Anche il ruolo genitoriale è fondamentale, il loro coinvolgimento nella vita dello studente può influire positivamente sul suo successo; le seconde generazioni hanno meno probabilità degli italiani di essere interrogati dai genitori sulla loro giornata scolastica, ricevere assistenza e discutere del futuro scolastico (Mantovani et al., 2018). Per quanto riguarda gli effetti secondari è invece di più difficile costruire un quadro completo e coerente perché lingua, contesto culturale e presenza genitoriale sono variabili facilmente individuabili e analizzabili mentre altri meccanismi sono più nascosti e meno generalizzati.

Achievement Gap

Quanto esposto finora permette di affermare che vi è un “achievement gap” che, in questo caso, andremo a definire come la disparità di rendimento scolastico tra gli studenti stranieri e di seconda generazione e i nativi. Tutto ciò si traduce, come abbiamo visto, in livelli più bassi di apprendimento e performance scolastica e tassi di abbandono e ripetenze più elevati per gli stranieri rispetto a nati in Italia.

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La prima concerne il fatto di aver parlato, nella maggior parte dei casi, di “studenti stranieri”, il che ci riporta alla difficoltà accennata precedentemente nel trovare delle statistiche che riescano a individuare con esattezza la categoria delle seconde generazioni in maniera tale da riuscire a cogliere le loro esperienze di vita;In secondo luogo bisogna riuscire a riflettere sulle difficoltà che gli studenti con background migratorio affinché sia possibile, nel lungo periodo, abbatterle e trovare delle soluzioni per facilitare il loro percorso scolastico e universitario e, se non eliminare, quantomeno ridurre l’achievement gap.

Inclusione e Sentimento di Appartenenza

Le seconde generazioni non sono composte solo da minori stranieri, che pure ne costituiscono la netta maggioranza (8 su 10), ma anche da chi ha acquisito successivamente lo status di cittadino del paese di residenza. Nell'analizzare il percorso di inclusione delle seconde generazioni, sarebbe quindi utile approfondire meglio anche la condizione di bambini e ragazzi italiani nati da genitori stranieri (oltre 200mila persone).

Parallelamente però, proprio per le difficoltà che ciò comporta in termini di rilevazione statistica, gran parte dei dati disponibili sul tema si riferiscono ai soli minori Cni (con cittadinanza non italiana). Il primo elemento di rilievo è che, anche tra ragazze e ragazzi che non hanno la cittadinanza (come abbiamo visto poco meno di 8 minori di seconda generazione su 10), la quota di chi si sente cittadino italiano risulta piuttosto elevata. Un terzo esatto dichiara di sentirsi straniero e quasi altrettanto elevata è la quota di chi risponde "non so" (29,2%).

La spaccatura in 3 del campione di studenti è interessante perché sembra quasi testimoniare una collisione tra uno status giuridico che identifica il 100% di questi ragazzi come stranieri e un sentimento individuale molto più articolato. L'altro elemento interessante, sebbene prevedibile, è il crescere dell'autopercezione come cittadino italiano tra chi è nato in Italia o tra chi pur essendo nato all'estero è arrivato nei primi 5 anni di vita. Tra questi ultimi in particolare la quota di chi si sente italiano nonostante una cittadinanza straniera raggiunge il livello più alto: (48%), mentre si rileva il minimo di incerti (26,6%). Solo tra i ragazzi stranieri arrivati in Italia più tardi - dopo i 10 anni di età - la maggioranza (52,8%) dichiara di sentirsi straniero, e solo una minoranza si sente italiano.

Un fattore decisivo dell'inclusione sono le amicizie e il tempo trascorso fuori dalle mura scolastiche. In questo senso, un indice dell'integrazione è anche offerto dalla quota di alunni di origine straniera che nel tempo libero frequentano compagni con cittadinanza italiana. L'elemento cruciale è anche in questo caso la generazione migratoria del minore. Chi è arrivato dopo i 10 anni di età tende a vedere più spesso i connazionali (+5,5 punti percentuali rispetto ai ragazzi stranieri nati in Italia) e ad avere molti meno rapporti con i compagni italiani.

Appare evidente come su tale tendenza abbiano un impatto determinante fattori quali l'arrivo recente nel nostro paese e le difficoltà di inserimento dovute anche a barriere linguistiche, culturali e sociali. È in questo quadro che il ruolo della comunità educante diventa particolarmente prezioso. Sia per facilitare il percorso di apprendimento, quanto per lo sviluppo della socialità e della conoscenza reciproca, in un contesto rispettoso della diversità.

Discriminazione e Bullismo

Rispetto ai coetanei italiani, i giovani di origine straniera subiscono più spesso fenomeni di discriminazione. Fatti 100 gli alunni italiani che hanno subito episodi offensivi o violenti da coetanei, tra quelli stranieri la quota sale in media di 16-17 punti in più. Sono soprattutto gli studenti di alcune nazionalità, come quelli di cittadinanza filippina, cinese e indiana ad esserne tra i più colpiti.

Come abbiamo avuto modo di approfondire in passato, fenomeni come bullismo e discriminazioni non devono essere minimizzati. Perché rivestono un ruolo fortemente anti-inclusivo nei processi di integrazione. In questo senso, la presenza sul territorio di forti e solide comunità educanti resta una risorsa fondamentale.

Il Ruolo della Scuola

La scuola italiana è sulla buona strada nel tutelare il diritto allo studio degli studenti stranieri. Non si può negare però la presenza di un divario negli esiti di apprendimento conseguiti dagli immigrati, che si attestano su livelli più bassi rispetto ai loro coetanei autoctoni. L’obiettivo della scuola deve essere la riduzione di questo divario.

Tra le prove degli immigrati di prima e di seconda generazione c’è un ulteriore divario; questi ultimi hanno esiti migliori dei primi. È abbastanza semplice intuire il motivo principale delle differenti prestazioni tra i vari gruppi: la padronanza della lingua italiana. Ma le prestazioni degli alunni immigrati sono influenzate anche da altri fattori, quali le differenze culturali e le condizioni economiche mediamente più svantaggiate.

Nella Prova di Italiano le prestazioni degli immigrati di prima generazione sono meno buone rispetto a quelle di coloro che appartengono alla seconda generazione. I risultati nella Prova di Matematica si differenziano da quelli di Italiano per un progressivo miglioramento degli esiti ottenuti dagli alunni immigrati. La Prova di Inglese è invece in controtendenza rispetto alle altre due: qui le differenze tra i gruppi sono ridotte. Ciò è evidente in particolar modo nella prova di listening, cioè nella comprensione del linguaggio parlato: gli stranieri hanno solitamente una maggiore dimestichezza con l’utilizzo di più lingue, avendone spesso incontrata una o più d’una prima ancora di avvicinare l’italiano.

In Italia un buon esempio di scuola in grado di includere può essere quella del Nord Est, dove le classi hanno la maggiore percentuale di allievi immigrati, ma i dati di quest’area sono migliori rispetto alla media nazionale.

Cittadinanza e Integrazione in Europa

Una delle dinamiche più importanti che caratterizzano gli ultimi decenni di immigrazione in Europa è che oggi molti cittadini nati nel vecchio continente e cresciuti in un contesto europeo sono di discendenza straniera. Parliamo in questo caso di seconde generazioni, che si distinguono dalle prime, costituite dai residenti nati all’estero. Non sempre, però, dal punto di vista legale queste persone sono automaticamente considerate cittadini europei.

Laddove come in Italia non esiste lo ius soli (l’acquisizione della cittadinanza nel paese dove si nasce), anche le seconde generazioni sono tenute a seguire un percorso di naturalizzazione, vale a dire una pratica di ottenimento della cittadinanza in seguito a una richiesta. Questa strada è spesso lunga e difficoltosa.

Da diversi decenni ormai l’Europa è diventata terra di immigrazione e oggi oltre un quinto della sua popolazione residente in età lavorativa (tra i 15 e i 64 anni) è nata all’estero o ha almeno un genitore nato all’estero (61 milioni di persone). Complessivamente, in oltre il 90% dei casi si tratta di persone straniere per nascita (nel caso degli extra-comunitari) ma, conseguentemente al fatto che queste spesso si stabilizzano nel paese ospitante e vi trascorrono il resto della propria vita, diventa sempre più consistente il gruppo dei discendenti.

Questa versione dello ius soli è in vigore in soli 4 paesi membri (Belgio, Germania, Irlanda e Portogallo). Un’altra opzione, definita doppio ius soli, consiste nel concedere la cittadinanza quando uno dei due genitori è nato nel paese, ed esiste in 7 stati (Francia, Lussemburgo, Portogallo, Paesi Bassi, Spagna, Belgio e Grecia). In Italia la cittadinanza può essere acquisita tramite tre modalità: per residenza (dopo almeno 10 anni, la soglia più elevata d’Europa), per matrimonio o per trasmissione o elezione (con cui si intende lo ius sanguinis, ovvero la ricezione della nazionalità dei genitori).

Il numero di persone che hanno ottenuto la cittadinanza italiana ha avuto un andamento oscillante, con un aumento intorno agli anni 2015 e 2016 e un successivo ridimensionamento. Solo in Svezia e nei Paesi Bassi il tasso di naturalizzazione supera il 10%, mentre in 6 paesi dell’Europa centrale e baltica (Repubblica Ceca, Croazia, Ungheria, Estonia, Lettonia e Lituania) non arriva all’1%. Queste basse percentuali dovrebbero farci riflettere sul processo di inclusione sociale in Europa.

L’emergere di seconde generazioni è un sintomo di integrazione, perché prodotto dalla decisione di rimanere nello stato ospitante, facendo progetti a lungo termine, piuttosto che soggiornarvi di passaggio.

Percentuali di Studenti Stranieri con Ritardo Scolastico
Gruppo Ritardo Scolastico
Studenti Stranieri a 10 anni Circa 12% (1 anno di ritardo)
Studenti Stranieri nella Scuola Secondaria di II Grado 57% (almeno 1 anno di ritardo)
Studenti Nati in Italia (ripetenti) 14.3%
Studenti Nati all'Estero (ripetenti) 27.3%
Studenti Stranieri (abbandono scolastico) 35.4%
Studenti Nativi (abbandono scolastico) 11%

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